Che bella Frascati con i bambini (dalla chioma di un albero)

Frascati per i bambini, le ville Tuscolane

I castelli romani sono da sempre una destinazione prediletta dai bambini di Roma. Oggi ci andiamo con Piccolè solo una volta ogni tanto, ma negli anni 50 il trisavolo della bimba – il nonno di mia mamma – andava a Frascati con i bambini della famiglia tutte le domeniche. Caricava la macchina all’inverosimile di figli e nipoti e partiva in cerca di aria fresca, buon vino e uno stile di vita più rilassato. Quando non trovava proprio nessuno disposto ad accompagnarlo, ci andava comunque da solo, con una specie di tram tutto sgangherato.

Frascati per i bambini la festa Tocca gli alberi sabato 25 marzo

E’ passata una vita, quella tramvia non esiste nemmeno più (e neanche il trisavolo di Piccolè) ma gli ingredienti che rendono perfetta Frascati per una gita con i bambini sono sempre gli stessi. A questi, sabato 25 marzo 2017, si aggiunge la festa Tocca gli alberi della Società italiana di arboricoltuta Sia. I bambini scopriranno negli alberi un “luna park” di tronchi e chiome:
  • potranno arrampicarsi in cima a un cedro con le corde con dei veri tree climber, i giardinieri che “scalano” gli alberi come se fossero montagne,
  • si lanceranno si una teleferica tra un cedro e un leccio come dei moderni Tarzan e
  • potranno mettere alla prova le loro capacità di “piccoli equilibristi” provando a camminare sulle slackline, fettucce tese tra due alberi.
L’iniziativa, che mira a sensibilizzare le famiglie sull’importanza di una corretta cura degli alberi, prevede inoltre, per gli adulti, incontri con arboricoltori come A. ed esperti e lezioni dimostrative. L’appuntamento è a partire dalle 10 a Villa Torlonia, Frascati. Venite con noi, e spargete la voce.

Cinque motivi per cui i castelli romani e Frascati con i bambini  sono perfetti per una gita

Anche al di là della festa Tocca gli alberi, ci sono almeno cinque motivi per cui Frascati con i bambini è la destinazione perfetta:

Frascati per i bambini, il belvedere
  • 1 – I parchi e le Ville Tuscolane
Allo splendore della natura si accompagna il genio degli architetti rinascimentali e barocchi, come Giacomo Della Porta, che hanno disegnato qui residenze estive, giardini e palazzi per la nobiltà romana, le ville Tuscolane, in una sfida a quale fosse la più bella ed elegante che è andata avanti per secoli. La nostra preferita – anche se non le abbiamo viste tutte e dodici – è villa Aldobrandini, che si protende sul belvedere.
Giochi per i bambini a Frascati
  • 2 – I parchi giochi per bambini di Frascati
Il verde si estende a perdita d’occhio e qui e là sorgono aree gioco attrezzate per bambini che a Roma ce le sogniamo: altalene a ragnatela, vele dei pirati rotanti, piste per scatenarsi sui pattini a rotelle, ce n’è per tutti i gusti.
Bambina mangia panino con la porchetta a Frascati
  • 3 – La porchetta
Sappiamo che la cucina locale vanta anche specialità più raffinate, ma noi non riusciamo a resistere al richiamo di un panino con la porchetta, calda e croccante. E anche Piccolè lo apprezza fin da piccola, deve essere nel Dna dei bambini romani. Il consiglio dei locali per un panino delizioso è andare alla piazza del mercato di Frascati, subito prima della passeggiata panoramica, e scegliere il baracchino più rustico.
Bambino che gioca e fiasco di vino Frascati
  • 4 – Le fraschette dei castelli romani
E poi c’è il vino servito della fraschette, le tradizionali osterie. E’ un ingrediente che non può mancare a una gita di famiglia a Frascati e, rendendo i genitori più rilassati, fa anche i bambini più felici. Molte delle vecchie cantine si sono evolute nel tempo in trattorie dove è possibile mangiare anche taglieri di salumi e affettati, primi piatti locali, abbacchio e altre specialità.
Dolci tipici di Frascati per i bambini, la pupazza frascatana
  • 5 – La pupazza frascatana

Dolce epilogo di ogni scampagnata è un biscotto al miele dalle sembianze un po’ sexy, raffigura infatti una ragazza con tre tette, la Pupazza frascatana (qui la ricetta della Pupazza frascatana). E’ un omaggio a una mitica balia di Frascati che, secondo la leggenda, riusciva a calmare anche i bambini più irrequieti alternando al latte un fiaschetto di vino. Devo ammettere che, nelle notti più difficili con Piccolè, quando proprio non voleva dormire, mi è venuta in mente più volte.

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Ferie d’agosto nel parco nazionale d’Abruzzo

Ferie d'agosto nel parco nazionale d'Abruzzo con i bambini

La memoria continua a tornare alle vacanze estive in campeggio nel parco nazionale d’Abruzzo

All’improvviso è arrivato l’autunno. Per me ha avuto l’aspetto delle prime scarpe chiuse che, per aggrapparmi ancora un po’ all’estate, ho messo senza calze. E’ finita – come al solito – con vesciche sanguinolenti ai piedi e dolori lancinanti. Per tirarmi un po’ su il morale, mi sono messa a guardare le foto delle vacanze estive. Per noi sono state solo una fuga super low-cost con la bambina ad agosto nel parco nazionale d’Abruzzo, proprio la settimana di Ferragosto, in tenda.

Bambina con papà in campeggio a Opi, in Abruzzo
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Mini-inviata (molto) speciale all’Expo

Babababa pa pa aaaah ba…
Traduttore Piccolé – italiano attivato.

All’Expo io ci sono già stata. Ci sono andata con mamma e con la nonna nordica in treno – che è sempre un’avventura – un giorno che papà era al lavoro a Milano.

È stato così emozionante il viaggio in treno che quando siamo arrivate mi ero appisolata un attimo e ho perso il padiglione zero – peccato perché con l’atmosfera incantata, l’albero gigante e tutti gli animali mi sa che mi sarebbe proprio piaciuto.

C’era tantissima gente all’Expo ma i bambini possono saltare le code e così siamo riusciti a vedere un sacco di cose. Abbiamo preso una navetta e siamo scese all’albero della vita che è piccolo e tristanzuolo ma circondato da sedie-trottole rosse da cui non sarei più scesa.                                    

Poi abbiamo visto il padiglione Italia – qui il mio passeggino ci ha permesso di saltare una fila di due ore e mezza. C’era una stanza piena di specchi e video giganti che ti trasportavano al centro di panorami incredibili. Bella anche l’area bimbi con cuscini a forma di semi e foglie giganti tra cui giocare e gattonare (perché io adesso so gattonare benissimo, eh).

                                     
Era arrivata ora di pranzo e abbiamo vagato un po’ per cercare un posto dove mangiare (per assurdo, in un’esposizione dedicata al cibo come l’Expo, c’erano code ovunque e prezzi da urlo). Siamo finite al padiglione olandese, che sembra un vecchio lunapark e abbiamo preso un hotdog e un gelato girando su una piccola ruota panoramica.
                               

Erano già passate tre ore e si stava facendo tardi. Sulla strada verso casa ci siamo fermate al padiglione Brasile, dove ho provato a gattonare su un ponte di corda amazzonico, e a guardare dei balli tribali dell’Angola.
                                 
Mamma dice che tra scandali, cemento e multinazionali l’Expo è un trionfo della globalizzazione “vecchio stile” e non mostra nessun modello di sviluppo alternativo, ma in fondo ci siamo divertite. Abbiamo intravisto padiglioni fatti tutti di cassette della frutta (Polonia), a forma di alveare (Regno Unito), di mulino (Bielorussia), di mercato (Francia), lunari (Corea), verdeggianti (Monaco), enormi (Cina) e hi tech (Azerbaigian).
Alla fine si tratta di un parco giochi sull’alimentazione perfetto per bambini e appassionati di design, affascinante, ma niente di più.

                               

Ps Attenzione: i bambini con meno di 3 anni non pagano per entrare all’Expo di Milano ma hanno bisogno comunque di un biglietto che bisogna procurarsi per passare i tornelli. Noi siamo dovute tornare a prenderlo alla stazione di Rho Fiera.

È possibile prenotare sul sito di Expo dei passeggini “di cortesia” per la visita e sono a disposizione aree per bambini e fasciatoi con pannolini e prodotti per il cambio gratuiti, ma non sono ben segnalati. Bisogna avere fiducia e dopo un po’ saltano fuori. Qui c’è una mappa su dove trovarli.

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A Civita di Bagnoregio con un bebè: sospesi nella città sospesa

 

– Ammazza che trifora! – Come strapiomba sto strapiombo. – Si chiama ‘città che muore’ perché casca, casca giù proprio da sola -. Tra le persone che si inerpicavano sull’unico ponte lungo e sottile per raggiungere il borgo di Civita di Bagnoregio c’eravamo anche noi tre.

Non avremmo dovuto essere lì, avevamo mangiato presto in campagna e ci eravamo preparati a partire in fretta e furia per evitare il traffico e portare Piccolé a Roma prima di sera. Erano le tre e mezza ed eravamo già in macchina, ma il cielo era troppo azzurro, le querce troppo verdi, la strada (ancora) troppo libera per andare dritti a casa.

E così siamo partiti nella direzione opposta. Siamo finiti a Civita di Bagnoregio, dove A. non era mai stato. Io avevo un ricordo da bambina di questo paese etrusco costruito su una base di argilla che, frana dopo frana, è rimasto un mucchietto di case abbarbicate in cima a un colle. Ci vivono ancora una decina di persone. L’ho trovato incantato come nell’immagine che avevo nella mia memoria, sembra fluttuare nel vuoto.

Anche Piccolé ha apprezzato. Andava in giro nel marsupio, in braccio al papà e sembrava studiare tutto. La vallata brulla sotto il ponte, le case di tufo, i gatti, gli archi, i passanti. È strano pensare che di questi giorni, di questi primi mesi insieme che io non dimenticherò mai lei non avrà nessun ricordo. Avrei voglia di scrivere ogni cosa, in ogni suo più piccolo particolare.

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