
Quale modo migliore di affrontare il rientro dalle ferie che sognare un nuovo viaggio? Così continuo a pensare a dove vorrei essere oggi, invece che “inchiodata” alla scrivania per lavoro.
Quale modo migliore di affrontare il rientro dalle ferie che sognare un nuovo viaggio? Così continuo a pensare a dove vorrei essere oggi, invece che “inchiodata” alla scrivania per lavoro.
Titta! Gunga! Tà! Piccolé ha deciso di mostrare il suo entusiasmo per il nostro viaggio a Stoccolma ripetendo tutte le parole che sentiva dalla sua amichetta di lì, quando la siamo andati a trovare, all’inizio del mese. Come a dire, se volete restare in questo posto, io sono pronta.
Partendo a giugno abbiamo trovato una città in festa, sotto un sole splendente più di 20 ore al giorno e bello caldo – noi, che in stile Totò e Peppino a Milano avevamo portato pile, guanti e cappelli, siamo finiti in costume a fare il bagno nei canali dell’arcipelago. Veniva quasi da non credere ai nostri amici quando parlavano dei lunghi inverni a meno 15 gradi, con appena qualche ora di luce al giorno.
Stoccolma sembrava innamorata cotta dei primi giorni di estate. I ragazzi festeggiavano l’ultimo giorno di scuola percorrendo i viali alberati su dei camion-discoteca. I bambini si tuffavano nelle fontane. Una fiera di paese animava le vie del centro con banchi che vendevano ogni tipo di leccornia dalle nocciole tostate al panino con l’aragosta, dall’aringa affumicata al nasi goreng tailandese*. I canali erano solcati da imbarcazioni di ogni tipo: canoe, velieri, traghetti a vapore e degli strani autobus anfibi che arrivati a riva, uscivano dall’acqua e continuavano a viaggiare sulla terraferma. Roba mai vista. C’era anche un’inquietante nave militare, ormeggiata davanti al palazzo reale, come a dire “siamo pur sempre i discendenti dei vichinghi, attenti a quello che fate”.
E alla fine abbiamo portato Piccolé a Parigi. E’ dove io e A. ci siamo conosciuti, 13 anni fa, nell’ostello di fronte allo studio dove dormivamo questa volta con la bambina. La nostra strada è cambiata in questi anni, hanno aperto nuovi locali, abbiamo trovato nuovi negozi e facce nuove. A farci sentire a casa c’erano sempre però le baguette calde della boulangerie all’angolo, la signora scorbutica alla reception e – naturalmente – gli amici ancora in città.
Siamo stati solo tre -ventosissimi, gelidi – giorni a metà marzo ma sono bastati a portare Piccolé in alcuni dei nostri posti preferiti e a scoprire insieme il parco della Villette, pieno di giochi per i bambini. C’era persino un drago gigante dove arrampicarsi per poi fare lo scivolo lungo la lingua di fuoco. Io poi mi sono innamorata della giostra vintage dedicata a Jules Verne.
E’ stato emozionante, essere a Parigi con Piccolé per la prima volta. Ed è stata anche l’occasione per raggiungere un traguardo fondamentale: tornare a viaggiare con SOLO BAGAGLIO A MANO. Ora non ci ferma più nessuno.
Abbiamo poi visto un mago che faceva bolle di sapone giganti con due bastoni e musicisti di strada che suonavano strumenti misteriosi, come un calderone di ferro bucherellato. C’era anche un artista che trasformava in mini-opere d’arte colorate le gomme da masticare incollate sul millennium bridge (della serie Sono Pazzi Questi Inglesi). E una manifestazione contro il “Falso Dalai Lama” (della serie Sono Pazzi Questi Inglesi 2).
Abbiamo trovato (quasi) sempre il sole, tanto che a riguardare le foto non sembra neanche di stare a Londra, e ci siamo goduti i parchi del centro, ma anche i canali più a Est, i London fields e un mercatino che non conoscevamo (Broadway market) con gli amici che vivono a Londra e M. che arrivava da Parigi per stare un po’ insieme. Quando pioveva ci siamo rifugiati alla Tate Modern che si è rivelata molto accogliente anche per i bambini piccoli.
Per tre giorni abbiamo scombussolato la casa, la testa e la vita a G., lo scapolone amatissimo da Piccolé che ci ospitava. Già dopo poche ore ha iniziato a sentirsi male, è arrivato a vomitare, a non dormire la notte, a stare sempre peggio, è guarito solo quando siamo ripartiti. Secondo me aveva un caso lampante e abbastanza grave di allergia ai poppanti. Ma lui nega.