Nella Lurida Pozza: il Bagnaccio di Viterbo con un bebè

– Ancora cinque minuti! Dai… ancora cinque minuti!
Si stava troppo bene, a mollo nell’acqua tiepida del Bagnaccio alla luce calda del tardo pomeriggio e così… ci si è lessata la bambina! Quando siamo usciti dall’acqua aveva i piedini rugosi come quelli di un animale preistorico, e ancora non avrebbe smesso di fare spruzzi e “nuotare”.

Dopo settimane di ricerche della Piscina Perfetta, a impazzire tra orari e prezzi impossibili, temperature da mare del Nord e concentrazioni di cloro da avvelenamento, il primo tuffo insieme a Piccolé è capitato quasi per caso nelle terme a cielo aperto vicino Viterbo, dove andavo sempre da bambina, il Bagnaccio. Le chiamiamo con affetto “la Lurida Pozza” per la puzza di zolfo che ne segnala la presenza fin dalla strada (miracolosamente “svanisce”, forse ci si abitua e non ci si fa più caso, quando si arriva vicini alle vasche).

Eravamo in zona e mi è venuta troppa voglia di un bagno così ho pensato, perché no? Quando a Piccolé qualcosa non piace è molto esplicita ed eravamo pronti a battere in ritirata al primo uah… Invece, abbiamo trovato il Bagnaccio meno selvaggio di com’era un tempo (per entrare c’è da fare una tessera annuale o pagare 5 euro), ma anche molto più pulito e organizzato, perfetto anche i bambini. Ce ne erano diversi, persino un “bulletto” di tre o quattro anni che aveva preso di mira Piccolé e continuava a innaffiarla apposta. Lei lo guardava interdetta, sembrava dire: aspetta qualche mese e te la faccio vedere io.

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A Civita di Bagnoregio con un bebè: sospesi nella città sospesa

 

– Ammazza che trifora! – Come strapiomba sto strapiombo. – Si chiama ‘città che muore’ perché casca, casca giù proprio da sola -. Tra le persone che si inerpicavano sull’unico ponte lungo e sottile per raggiungere il borgo di Civita di Bagnoregio c’eravamo anche noi tre.

Non avremmo dovuto essere lì, avevamo mangiato presto in campagna e ci eravamo preparati a partire in fretta e furia per evitare il traffico e portare Piccolé a Roma prima di sera. Erano le tre e mezza ed eravamo già in macchina, ma il cielo era troppo azzurro, le querce troppo verdi, la strada (ancora) troppo libera per andare dritti a casa.

E così siamo partiti nella direzione opposta. Siamo finiti a Civita di Bagnoregio, dove A. non era mai stato. Io avevo un ricordo da bambina di questo paese etrusco costruito su una base di argilla che, frana dopo frana, è rimasto un mucchietto di case abbarbicate in cima a un colle. Ci vivono ancora una decina di persone. L’ho trovato incantato come nell’immagine che avevo nella mia memoria, sembra fluttuare nel vuoto.

Anche Piccolé ha apprezzato. Andava in giro nel marsupio, in braccio al papà e sembrava studiare tutto. La vallata brulla sotto il ponte, le case di tufo, i gatti, gli archi, i passanti. È strano pensare che di questi giorni, di questi primi mesi insieme che io non dimenticherò mai lei non avrà nessun ricordo. Avrei voglia di scrivere ogni cosa, in ogni suo più piccolo particolare.

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A Fuerteventura con un neonato, l’isola degli aquiloni

Viaggio a Fuerteventura con un neonato

Avevo sognato spesso la nostra casina a Fuerteventura, la seconda e ultima isola delle Canarie che abbiamo visitato con Piccolé. Era un buco bianco proprio sulla spiaggia, a qualche centinaio di metri da un vecchio porticciolo, El Cotillo. Un miniterrazzino accoglieva una palma, con cui Piccolé discuteva a lungo, un’aloe e un ibisco. La notte si sentiva solo il rumore dell’oceano, dietro il fruscio delle foglie. Fuerteventura con un neonato è un paradiso, continuavamo a ripeterci.

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Lanzarote a caccia di vulcani con una bimba di 3 mesi


 – Ho pagato quindi devo stare in costume – dice l’unica altra ragazza sulla spiaggia. – Anche se piove. Ma che freddo fa? Meno male che domenica torniamo a Milano -. 

Lanzarote non è per tutti, soprattutto a gennaio. Noi tre, però, l’abbiamo adorata. I nuvoloni corrono in cielo e disegnano ombre viola, nere e blu sulla terra rossa dei vulcani. Le case sono tutte bianche, basse e squadrate, sparse qui e là in orizzonti brulli e desertici (sono vietate le costruzioni di più di tre piani, di altri colori o altri stili). Percorrendo l’interno dell’isola indovinano nel suolo le bocche dei vulcani, quasi 140 in totale. Strani cerchi di pietre e distese di sassolini neri, nelle campagne, proteggono dal vento ognuno una vite o un albero da frutto. Il vino è dolcissimo, il mare furioso e batte le rocce di lava e le spiagge del surf.

Anche Piccolé era felice, andava in giro tutto il giorno con mamma e papà, rideva alle palme, ai gatti, ai passanti. Faceva troppo freddo per stare in spiaggia più di mezz’ora ma è venuta sul vulcano, nelle grotte, tra le vigne, nei ristorantini e nei musei di César Manrique, l’artista che dagli anni 60 ha fatto dell’isola un laboratorio di arte diffusa e sviluppo ecosostenibile. È merito suo se Lanzarote è scampata al cemento e al turismo selvaggio e sull’isola è trattato con la devozione di un santissimo patrono laico.

Canarie con un neonato

I bambini sono più che benvenuti in tutti i posti dove siamo stati e nelle due case che abbiamo affittato ci hanno dato gratis una culla per Piccolé. È stato fondamentale avere un marsupio (una fascia o uno zainetto) perché tante passeggiate e tante spiagge si sono rivelate off limits per un passeggino. Noi abbiamo portato l’ovetto e lo abbiamo usato quasi solo come seggiolino per l’auto. Indispensabili anche fasce e cappellino per proteggere le orecchie dal vento.

Abbiamo noleggiato una Polo per pochi euro (13 al giorno) e trovato un’offerta che ci permetteva di prendere la macchina a Lanzarote e lasciarla all’aeroporto di Fuerteventura. Se non si vuole guidare, ci sono dei pullman che percorrono tutte le isole ma si perde qualcosa, perché sono proprio le strade deserte e i villaggi sperduti la parte più affascinante del viaggio. Un’alternativa alla macchina, per le famiglie con bambini più grandi, è la bicicletta.

La spiaggia più riparata che abbiamo trovato è a punta del Papagayo a Lanzarote, un po’ scomoda da raggiungere ma ne vale la pena. La nostra casa (in un residence) era alla bella Playa de los Pocillos di Puerto del Carmen, una cittadotta in posizione strategica ma senza il fascino dei tanti centri minori come El Golfo, sulla costa, o Teguise, nell’interno.

Tra i motivi per andare, almeno per mangioni come noi, c’è anche la cucina ottima con i pescioni alla griglia, i minicalamaretti fritti, il formaggio di capra di Fuerteventura e la malvasia di Lanzarote. Come periodo, gennaio era più freddo di come lo immaginavamo (sui 16-22 gradi, molto molto ventoso e con qualche rovescio di pioggia). Ci hanno consigliato di tornare a settembre-ottobre, lo faremo.

ps Vuoi saperne di più? Ecco la mia guida ai viaggi alle Canarie e i consigli per partire con i bambini.

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In viaggio con Piccolé a tre mesi

Per avere meno di 4 mesi, Piccolé ha già una discreta esperienza di mezzi di trasporto, e non tutti sono di suo gradimento.

A piedi – andrebbe sempre in giro, con fascia, marsupio o passeggino, basta muoversi senza soste (soprattutto nei negozi) e lei è beata.

In auto – ovvero come avere una sirena senza essere un’ambulanza. Appena partiti inizia a piangere alla massima potenza, di solito dopo un paio di minuti smette (soprattutto con una colonna sonora sufficientemente coatta) e si addormenta. A quel punto non ti fermeresti più, un po’ come Kerouac “Dobbiamo andare e non fermarci mai finché non arriviamo”. “Per andare dove, amico?”. “Non lo so, ma dobbiamo andare”.

In treno – il mezzo preferito (da brava nipote di ferroviere). L’effetto soporifero è immediato. Lo sguardo terrorizzato che assumono gli altri passeggeri al vederla salire sul loro stesso vagone si trasforma in breve in vezzeggiamenti e moine.

In aereo – una tetta sempre a disposizione e passa la paura. Il minifasciatoio della micro-toilette, poi, è un vero spasso: bisogna sperimentarlo almeno un paio di volte l’ora. La mamma ne esce con petto, schiena e braccia doloranti come nemmeno dopo un incontro di boxe.

In barca – ha fatto un solo viaggio in traghetto, un po’ movimentato tra onde e vento. Ce la siamo cavata sdraiate insieme (anche con il papà) sul pavimento che ondeggiava.

Per bici, cammello e sottomarino ancora (purtroppo) non possiamo esprimerci.

Ps Siamo appena appena tornati dal Primo Grande Viaggio, un paio di settimane alle Canarie. Il tempo di riordinare i ricordi e raccontiamo tutto.

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