Il barbiere hipster che ha aperto a Roma nella mia via è solo l’ultimo di una serie di negozi “giovani” arrivati negli ultimi mesi nel mio isolato. Il primo è stato un birrificio (qualcuno doveva aver detto al proprietario che si stava trasferendo nella zona un clientone come A.). Poi è toccato alla latteria-gelateria a chilometri zero. E c’è stata la volta del laboratorio di tatuaggi, che ha monopolizzato per settimane le conversazioni ai giardinetti tra vecchietti scandalizzati e ragazzini incuriositi.
Nel giro di un inverno è cambiato il volto della strada e si è avventurato a prendere una casa da queste parti anche qualche universitario, ma resta da vedere come i nuovi venuti si relazioneranno con i negozi “storici” del quartiere dalle sorelle brucia-caffé al fruttivendolo mummificato. Per il momento solo Stella, l’estetista cinese, ha dichiarato guerra ai ragazzi della birreria, colpevoli di disturbare con i loro schiamazzi i suoi massaggi.
Per rappresaglia, lei spara a tutto volume dalla mattina alla sera le sue canzoni preferite. Un giorno le ho chiesto se parlassero d’amore, mi ha risposto di no. “Questa – mi fa – per esempio dice: la Cina è grande, ma lavora e lavora e diventerai grande come la Cina”. Della serie: se non sono pazzi non ce li vogliamo.